Divine Queer Film Festival

Nov 9, 2017

Testo di Gaia Rayneri
Foto di Li Gregni Simone

“Tutti abbiamo una croce da portare: malgrado questo, c’è chi se la mette sulle spalle, e chi la porta su una Rolls Royce“. Uno dei detti preferiti di Veet Sandeh, e sembra racchiudere lo spirito del Divine Queer Film Festival, che avrà il via questo venerdì 10 Novembre 2017 presso i Laboratori di Barriera di via Baltea 3, Torino.
Io, se permettete, scelgo la Rolls Royce“, dice Sandeh, coraggiosa guerriera transgender che oggi sembra avere una risata sacra per ognuna delle sue cicatrici, e che ha ideato e organizzato il festival insieme a Murat Cinar, giornalista turco, e Achille Schiavone, veterinario di adozione torinese.

Questa iniziativa, ora alla terza edizione, nasce nel 2015 su un aereo di ritorno dalla Turchia, dove i tre si trovavano per presentare il docu-film di Sandeh “Metamorfosi – La strada dell’eccesso porta al palazzo della saggezza” (il sottotitolo è una frase di William Blake), ed è il prodotto della gioia di agire insieme per abbattere le barriere mentali.
Il confine è uno dei temi cardine di questa edizione: confine geografico, identitario, corporeo. Le tematiche, infatti, non si limitano al mondo transgender o LGBTQI, ma includono il discorso sulla migrazione e sulla disabilità. In questo senso, “Queer” sta ad indicare tutto ciò che è periferico rispetto alla società degli uomini, e quindi diventa (o è già) “Divino“, da cui il titolo della manifestazione. Potrebbe sembrare strano, ma la comunanza di temi appare ovvia a Murat Cinar: “In Turchia, tutti i film che parlano di transgender parlano di migrazione“. Così come in questo festival, anche se siamo al cinema, si parla anche di parole: per tutti e tre i giorni verrà proiettato il corto “Verba volant” di Tufan Tastan, per esprimere la solidarietà a tutti gli intellettuali perseguitati per le loro opinioni dal regime turco – ma più che altro un appello di cuori intelligenti e minoritari a tutti coloro che si vedono negato il proprio diritto di esistenza e libera evoluzione, qualunque sia la diversità per cui vengono rinchiusi o isolati.

Il festival non nasce in polemica con lo storico Lovers – Festival di cinema LGBTQI di Torino, ma anzi si propone di essere un ulteriore focolaio di dibattito e presa di coscienza intorno al tema delle minoranze. Qualche edizione fa, raccontano i tre direttori artistici, dallo storico festival torinese di cinema LGBT erano scomparse le diciture Bisessuale e Transgender. Un problema che non è solo un fatto di nomi, ma riflette una discrepanza profonda nella lotta: “Il movimento LGBT chiede matrimoni e adozioni”, spiega Veet Sandeh, Ma la lotta trans è ferma a vent’anni fa. Non abbiamo una legge contro la transfobia, non ci sono diritti per quanto riguarda gli inserimenti lavorativi e nella società…“. Ai numerosi vuoti lasciati dallo Stato e dallo stesso movimento LGBT, il Divine Queer Film Festival risponde con consapevolezza e positività: “Cerchiamo film che affrontino determinate tematiche, ma siamo stufi di quelli che lo fanno in modo depresso“, spiega Murat Cinar. “Vogliamo dei messaggi costruttivi, di speranza, che portino l’odore della battaglia, anche se dovesse esistere solo in un remoto angolo del mondo, e mostrino la possibilità di vivere andando oltre i limiti e i confini“.

Il festival nasce in seno alla capacità di tessere relazioni, spiega Achille Schiavone, e a un fervente scambio di idee e materiali con diverse realtà nazionali e internazionali, come il CineDeaf – Festival Internazionale di Cinema Sordo di Roma, il Queer Festival di Ankara, il festival di cinema trans Divergenti di Bologna, e molte altre. Tra gli sponsor un’azienda di cibo per animali, la Natural Code, e poi CGIL, con cui Sandeh ha fondato uno sportello trans, e Sinapsi, un’associazione universitaria di Napoli (dove l’anno scorso si è tenuta la seconda edizione in trasferta del festival, e dove il 18 Novembre si svolgerà la Transgender March).
Numerosi film in proiezione e con ampio respiro internazionale, citiamo per esempio “El día de la Virgen” di Louise Heem, “Screening Queens” di Silverman e Stryker, sul primo atto di collettiva resistenza trans; una sezione di film in concorso con un premio del pubblico e uno della giuria, premi realizzati dallo scultore Roque Fucci; due partner radiofonici – Radio Border e Radio Banda Larga; e il lavoro di molti volontari, che hanno reso possibile questa edizione insieme alla passione degli organizzatori e alla generosità di registi e produttori, che hanno acconsentito a prestare gratuitamente le loro opere. La città di Torino mette a disposizione interpreti di Lingua Italiana dei Segni per i dibattiti, l’ingresso è gratuito, e si festeggiano anche i quarant’anni dalla pubblicazione di “Elementi di critica omosessuale” di Mario Mieli, a cui l’edizione di quest’anno è dedicata.

Un insolito spaccato sul mondo all’insegna della cooperazione e dell’inclusione, che fa ben sperare non solo per la lotta, ma accende una scintilla di buonumore, dignità e coraggio sull’umanità.

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