Il resoconto della terza edizione del Dqff

Nov 20, 2017

Aweke è il cortometraggio di Cesare Ambrosio che racconta di Kholeho, musicista che scopre la musica durante la sua prigionia in Africa. In quel momento drammatico pende coscienza della potenza di questo strumento in grado di rendere forti, restare uniti, entrare in contatto con i propri antenati e soprattutto con sé stessi.
DustLa vita che vorrei – è il racconto di otto disabili psichici e fisici che da oltre 50 anni vivono al Cotolengo di Torino e il cui regista è Gabriele Falsetta.
Poi c’è la magia dell’India che si insinua con The Thinking Body un documentario di Kadambari Shivaya, finanziato dallo Stato Indiano, che descrive le forme di danza classica come mezzo perfetto per comprendere le interazioni e l’armonia che vanno oltre i limiti di tempo, spazio ma sopratutto genere.

Questi i tre film premiati, rispettivamente da pubblico, giuria e la menzione speciale dei direttori artistici al Divine Queer Film Festival. Film molto diversi ma che insieme danno l’idea della vera essenza della definizione Queer cercata dall’organizzazione.

Tre giorni che come ammettono gli stessi direttori artistici, il giornalista Turco Murat Cinar, Sandeh Veet, artista e attivista Queer, e Achille Schiavone, docente veterinario e attivista, sono stati turbinio di adrenalina e emozioni. Tre mondi diversi, tre anime affini che il destino ha fatto incontrare e la cui unione si può descrivere con queste quattro parole Divine Queer Film Festival. Incontro di lingue, unione di realtà definite diverse, che ha reso per 3 sere i confini liquidi grazie alla cultura, alla potenza delle immagini, alla forza dirompente delle storie raccontate: spesso dure e crude, ma vive e cariche malgrado tutto di speranza. Di desiderio di riscatto.

Catene spezzate”, sostiene Sandeh, che ammette: “ho faticato a dormire, uno stato sconosciuto prima, bellissimo”. D’ora in poi questa emozione la chiameranno effetto Divine conoscendoli, sono sicura.

I tre giorni del festival son stati ricchi di scambio, grazie ad un pubblico numeroso e partecipante -si contano circa mille presenze- e ospiti che con i loro interventi hanno contribuito a spiegare al meglio quello che le tre divine indiscusse, Achille, Sandeh e Murat volevano trasmettere da subito: l’abbattimento di ogni barriera. Per tre giorni Via Baltea è davvero stato un festival, nel senso più antropologico del termine: un evento di festa, in cui si sono fusi film di qualità, interventi musicali e scambi di idee e pensieri.

Il terzo premio del festival da parte dell’organizzazione del Dqff, a sorpresa, è stato assegnato a un altro festival. La statuetta realizzata da Roque Fucci è andata nelle mani del Festival Internazionale di “arte femminista” Choufthounna che si svolge in Tunisia, nel cuore della capitale, come il Dqff gratuito e aperto a tutti.

Un ponte che crea e unisce altri ponti. Questo è stato e si spera sarà ancora il Divine Queer Film Festival.

Testo di Claudia Zangarini
Foto di Simone Li Gregni

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