Canti delle steppe della Mongolia
Foto di Valeria Arena, Ferdinando Vella, Alessandro Masiero
Testo di Valeria Arena
Si ringrazia Stefania Stafutti per tutte le informazioni fornite
Il 9 ottobre 2018 l’Istituto Confucio dell’Università di Torino ha celebrato il decimo anniversario della sua fondazione presentando il concerto “Canti delle steppe della Mongolia” della National Orchestra Of Inner Mongolia Bureau Of National Art.
Noi abbiamo partecipato alle prove e all’esibizione per conoscere i musicisti e portare fuori dal teatro, tramite le immagini, un momento di condivisione fatto perlopiù di sguardi e gesti nonché l’impegno di tramandare una tradizione che ha rischiato di estinguersi e, che proprio per essere salvata, ha sconfinato ben oltre le vaste praterie originarie arrivando a Torino e persino nello spazio a bordo del primo satellite cinese lanciato sulla luna..
Il canto e la musica, nella loro capacità narrativa e figurativa, specialmente nel rappresentare la cavalcatura, hanno naturalmente suscitato l’immagine così come già avvenuto per il cinema da tempi abbastanza lontani.
Nei testi delle canzoni ricorre l’immagine unificante di enormi distese turbate solo dal galoppo di cavalli colmi di forza e grazia. La nostalgia amorosa, in moto coi destrieri, si diluisce negli spazi ampi del canto e delle praterie. Tutto questo viene raccolto in pochi e brevi versi e ampliato dalla voce generando quello che non a caso è definito in mongolo urtyin duu (canto lungo).
L’uomo e la donna affidano alla voce sentimenti di gioia e libertà modulandoli coi suoni della natura. Gli strumenti musicali stessi prendono le fattezze dei destrieri, come nel caso del morin khuur , il “liuto” a testa di cavallo.
In questa tradizione artistica possono inserirsi, oltre ai temi amorosi, anche testi dedicati alla descrizione e alla trasmissione delle caratteristiche e dei valori della vita nomade. Per questo nel 2005 è stata dichiarata bene immateriale dell’umanità e tutelata dal’UNESCO come documento dell’evoluzione della storia mongola e memoria di una società plurisecolare che nella contemporaneità sta mutando velocemente e radicalmente.