Alessandro Masiero

Larimar

Repubblica Dominicana, Marzo 2014

Lágrimas del Mar (lacrime del mare) è il suggestivo nome con cui gli abitanti della Repubblica Dominicana chiamano il Larimar: una pietra semi-preziosa che si estrae da una miniera situata tra le verdi e nebbiose montagne della Sierra de Bahoruco (SE del paese) e in nessun’altra parte del mondo. La pietra fu scoperta nel 1916 dal sacerdote spagnolo Miguel Domingo Fuerte ma è solo nel 1974, grazie a un americano che la riscoprì sulle spiagge a valle della miniera e la chiamò LARIMAR mescolando il nome della figlia Larissa con Mar (mare), che è iniziata l’attività estrattiva.
Ne è derivata una profonda trasformazione sociale dovuta alla progressiva conversione da pescatori a minatori degli abitanti della zona ed al sempre maggior afflusso di manodopera dalla vicina Haiti. Da allora le tecniche e le condizioni lavorative sono rimaste sostanzialmente identiche: si scava alla cieca sperando di trovare una vena ricca di minerale accettando rischi non indifferenti. Attualmente ci sono circa 25 miniere (o ojos) attive e almeno altrettante, improduttive, dismesse.
Nessuna comunica con le altre ed ognuna è in mano a concessionari diversi. Gli ojos hanno uno sviluppo massimo di 150/200m e sono composti da pozzi (verticali) e gallerie (orizzontali) in cui i minatori e le rocce estratte si muovono a “energia muscolare” e senza catene di sicurezza; solo alcuni possono permettersi elmetti o montacarichi e trapani elettrici.

L’agibilità dei cunicoli è subordinata all’utilizzo di gasolio per far girare i grossi motori diesel che danno elettricità per le lampadine e per l’ancora più preziosa aria fresca che grossi ventilatori pompano, grazie a sistemi di tubature traballanti, dall’esterno verso il fondo delle miniere.
Senza l’afflusso continuo di aria da fuori la temperatura e il tasso di umidità raggiungerebbero livelli insopportabili ma soprattutto sarebbe letale la carenza di ossigeno. La roccia incassante è molto alterata e intrisa d’acqua, quindi poco compatta e facilmente scavabile. Sfortunatamente quest’ultimo aspetto ha i suoi lati negativi: frane continue e acqua ovunque. L’acqua deve essere estratta e le pareti vengono puntellate e rivestite con un legname particolare (rumbita) molto resistente all’umidità e all’acqua ma soprattutto inodore.
Ad oggi la miniera è una delle poche attività economiche di sfruttamento delle risorse in mano agli autoctoni dominicani. I capitali necessari alla modernizzazione delle strutture, alla formazione delle maestranze, alla messa in sicurezza ecc… vanno reperiti nella Repubblica Dominicana. Se venissero da fuori sarebbe la fine della gestione da parte della gente del posto: la fine di un sogno. E come sempre, agli ex pescatori divenuti minatori per inseguirlo, non resterebbero che le briciole.

Share This